Alberi sacri

I monumenti intoccabili del Costa Rica

Racconto di viaggio – Dalla Costa Atlantica al Volcán Arenal, Costa Rica.

Lasciando i Caraibi

A Puerto Viejo, l’ultimo giorno splende il sole. Ci sono troupes televisive e più gente del solito, si celebra il giorno della “razza” afro caraibica, quindi musica, colori esplosivi e grosse “mamas” sgargianti cucinando rice and beans.

Il nostro ormai amico Maurizio, trasferito da oltre 17 anni in queste zone, ci spiega di come diverse culture ed etnie sono entrate in contatto, mescolate e “rigenerate” producendo mix di gente bellissima e una società abituata alle diversità. Maurizio ci racconta anche che quando Colombo è arrivato nelle Americhe si sapeva già che non erano le Indie e che quella che viene definita una “scoperta” non è stata nient’altro che il più grande genocidio della storia, tutto finanziato dalla chiesa cattolica.

Sul ciglio della strada, attraversata da rumorosi camion, ci spiega dei gruppi etnici dei nativi e dei mix che si sono creati, prima di tutto tra gli schiavi e primi colonizzatori e di come la saggezza e la medicina tradizionale nativa siano alla base anche della cultura contemporanea caraibica. Lui è stato nella selva per giorni, assaggiato piante amare e potenti, usato rimedi magici, come il veleno della rana del Costa Rica, soffrendo profondamente per poi rinascere.

León e René captano parti di un discorso complesso e cercano di capire. Ci salutiamo con la promessa di ritrovarci un giorno.

Il cammino non è breve e dal finestrino vediamo distese di piantagioni di palme e ananas, alcuni bambini in divisa e altri avvolti nelle tele africane per festeggiare la giornata speciale.

Adiós Caribe

Lasciamo il mare per seguire la strada principale che si inerpica dietro le colline di Limón, porto commerciale del paese. Enormi pile di containers di marchi più o meno conosciuti occupano il paesaggio. Sulla strada ci sono dei lavori, cartelli indicano che il rifacimento ingrandirà la via che porta dalla capitale alla costa atlantica. L’indicazione è scritta in spagnolo in inglese e in cinese, un lavoratore con il caschetto e l’aria esotica mi guarda attraverso la polvere della strada, quasi a voler confermare la presenza della multinazionale cinese nella grande opera.

La strada continua tra piccoli paesi e giungle, strade sospese tra fiumi burrascosi e moderne autostrade, sodas (come delle trattorie) per gente di passaggio e lavoratori della zona. Ad un certo punto la fitta vegetazione lascia spazio a campi verdi e perfetti, mucche e cavalli, come una cartolina dal mondo di Heidi.

Avvicinandoci alla città di La Fortuna, lo vediamo: prima in lontananza come una scena da film, come se dentro quel cratere, ci dovessimo buttare anche noi un anello del potere! Il Volcán Arenal è alto e scuro. Il cielo cangiante ne lascia sempre coperta parte più alta come in segno di rispetto, nonostante le nuvole cambino continuamente la nostra visione.

Facendoci largo tra una pioggia leggera, cartelli, turisti, macchine, semafori, locali di ogni tipo, attrazioni, superiamo La Fortuna e proseguiamo lungo la strada che costeggia il lago Arenal.

Il lago è stato creato con una diga artificiale negli anni ’70 ed ora l’energia prodotta serve molto più della metà del paese. Il paesaggio intorno a noi, all’ora del tramonto (in Costa Rica tutto l’anno il sole tramonta circa alle 18 e sorge alle 6) toglie il fiato. Presi da tanta grazia, ma ormai stanchi dalle ore di macchina, iniziamo a preoccuparci della notte che sopraggiunge velocemente e del fatto che la casa che ci aspetta è in una stradina non segnata e che il proprietario con cui abbiamo concluso lo scambio casa, non ha risposto alla ultima mail e l’unico numero che ho sembra non funzionare…

Milo piange che vuole tornare a casa (anche se non sa bene quale!) e si lamenta di necessità impellenti, René, inizialmente distratto, cerca risposte, non dai genitori innervositi e segretamente preoccupati, ma dal fratello grande che, in modo apparentemente zen, cerca di calmare gli animi con commenti saggi e una logica che sembra impeccabile ma che lascia trapelare un senso di ansia sottile…

Il viaggio e lo stress valgono la pena. Dopo una notte piena di suoni, per noi misteriosi, un uccello notturno (scopriremo in seguito) che sembra bussarci alla porta, all’alba di svegliamo.

atardecer en él lago Arenal

Di fronte a noi un paesaggio celestiale: giardini verdi, fiori di ogni colore, palme, colibrì e pappagallini, un angolo di paradiso ritagliato in mezzo alla selva dove le scimmie si fanno sentire e uccelli che non conosco non smettono mai di cantare.

La signora che vive qui di fianco e lavora nel suo vivero, la sua serra, lascia che i bimbi facciano il bagno in uno stagno artificiale con le acque della montagna che “sì sì possono bere… “. Ci spiega anche che qui la natura è preservata in tutte le sue forme e se qualcuno dovesse tagliare l’albero delle scimmie finirebbe in carcere. Gli alberi sono monumenti.

Scopriamo inoltre che quella specie di palma, che sembra la coda di un pavone, si chiama el árbol del viajero…e allora penso che mai un nome poteva essere più emblematico…

Arenal: Giardini dell’Eden
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